Valentino torna a sfilare a Parigi per la p/e 22. È passato un anno da quando, con un inaspettato dietro-front Valentino abbandonò le file di Parigi per sfilare a Milano. Una scelta d’amore, etica ma anche necessaria per sottolineare l’importanza di creare un sistema moda coeso e soprattutto responsivo alle esigenze del mondo.
Laddove Parigi è stata teatro glorioso e immaginifico delle sfilate Valentino (soprattutto le couture), Milano -seppur in un momento di grande difficoltà- ha rappresentato una nuova opportunità, un’occasione per riflettere sull’identità del marchio. Se la pandemia ha costretto le aziende e i creativi a ripensare il loro modo di fare e intendere la moda, la Valentino di Pierpaolo Piccioli e dell’AD Jacopo Venturini, non solo la ripensa ma ne riscrive la storia. Si schiera in prima linea e, nel silenzio di una teatro vuoto o nell’entusiasmo generale di una felpa con su scritto V Vaccinated, racconta di una moda che parla a tutti, che si schiera socialmente e che traduce in abiti tutta la sofferenza e la voglia di rinascita delle persone.
NUOVI INIZI PER VALENTINO: LA COUTURE
In termini di fatturato, la pandemia ha portato il marchio ad una chiusura delle vendite al -27% (pari a 882 milioni di euro) ma già il primo trimestre del 2021 ha registrato un aumento del +64% su base annua, a 574 milioni di euro. Adesso è il momento delle ripartenze. Chiusa la parentesi italiana, per Valentino si riapre il capitolo parigino e con esso una nuova fase di rivalutazione del marchio. Infatti Jacopo Venturini, amministratore delegato di Valentino da giugno 2020, e il direttore creativo Pierpaolo Piccioli stanno lavorando ad una revisione profonda della cultura interna dell’azienda. Cos’è veramente Valentino? A cosa pensano le persone quando sentono parlare di Valentino?
In tal senso, l’operazione di Venturini mira ad identificare il marchio con un insieme di valori ben precisi e a rafforzarne il posizionamento come “la maison italiana di couture più importante”.
“Devi creare una cultura in cui l’uomo e la creatività sono al centro. Questo tipo di cultura-couture può avere effetti considerevoli per tutta l’azienda”. Ha dichiarato Venturini.
Allo stesso modo, Piccioli ha dichiarato:
“Non c’è una donna o un uomo che rappresenti Valentino oggi, si tratta più di un modo di essere, di valori che le persone rappresentano e che possono condividere con noi. Non penso mai a Valentino come a una stampa, un fiore, un dettaglio di una collezione”.
È così che, mentre la seconda linea Red mira lentamente a scomparire, la couture diventa il core business (quanto meno ideologico) di un marchio che, oggi, l’alta moda la racconta sui suoi canali social in emozionantissimi video backstage dove l’abito, dall’idea, prende forma fino ad arrivare nelle passerelle o sui red carpet. In mezzo, tutta la magia di chi l’abito lo pensa, lo cuce, lo fotografa, lo indossa e fa sognare. Nella couture di Valentino, ancor prima degli abiti, i veri protagonisti sono le persone e questo, Piccioli lo sa bene.
LA COUTURE SUI RED CARPET
In particolare, i red carpet degli ultimi anni, hanno fortemente connotato Valentino come un marchio di couture. L’abito in piume di struzzo indossato da Lady Gaga per la prima di “A Star Is Born” o il suo abito color pervinca per i Golden Globes; l’abito giallo di Zendaya agli Oscar, fino gli abiti del MET indossati da molte celebrities come Whoopie Goldberg hanno acuito la reputazione di Valentino. Anche la partnership di licenze con l’Oreal ha permesso il lancio dei primi prodotti make up e la conseguente espansione verso un nuovo settore merceologico.
NON SOLO COUTURE: RIPENSARE IL PRODOTTO
Parallelamente all’alta moda, nell’ultimo anno il marchio ha rivisitato molti prodotti del prêt-à-porter, per dare un allure più giovanile. Infatti, per la collezione autunno/inverno, Venturini ha spinto Piccioli a concentrarsi maggiormente su spezzati e abiti da giorno, creando pezzi meno rigidi, più facili da abbinare in risposta alle esigenze quotidiane dei clienti. Contemporaneamente, aldilà del sogno, il duo Piccoli-Venturini non perde di vista gli obiettivi di vendita e di fatturato. Pertanto, ad ogni collezione vengono riproposti l’iconico motivo Rockstud e accessori con il V-logo, tutti elementi che fanno sempre una certa gola al cliente medio e su cui il margine di guadagno è assicurato.
DOPO LE SFILATE DI MILANO E L’HAUTE COUTURE DI VENEZIA, VALENTINO SALUTA L’ITALIA E TORNA A SFILARE A PARIGI CON LA P/E 22
La p/e 22 di Valentino sfila tra le strade di Parigi, al Carreau du Temple. Si chiama “Rendez Vous” ed è stata introdotta da una citazione di Paul Eluard pubblicata sugli account social del marchio e sugli inviti dei partecipanti: il n’y a pas de hasard il n’y a que des rendez-vous, ovvero “non ci sono incontri casuali, esistono solo gli appuntamenti”. Ed effettivamente il defilè sembra un grande incontro al bar tra amici. Valentino sfila in una Parigi un po’ bressoniana, un po’ alla Emily in Paris. Una parentesi temporale che mette in dialogo passato e futuro, dove la modella e attrice Zendaya posa in abiti Valentino come Marisa Berenson fotografata nel 1968 da H. Clarke. Ad aprire la sfilata, proprio il mini dress avorio con micro inserti e maniche volant indossato dall’attrice.
La p/e 22 di Valentino si ispira agli anni ’60 e ne porta in scena una rivisitazione moderna. Dal passato si impara ma talvolta ci si diverte anche e Piccioli si diverte a creare abiti dai colori vitaminici che coniugano trasparenze sexy e capi in mikado oversize. Una stampa floreale bianca decora alcuni abiti in passerella, un omaggio all’Oriente e alla Swinging London. Una collezione marcatamente street nel senso senso più letterale, cioè pensata per la vita di tutti i giorni, ma che sembra -almeno ad uno sguardo superficiale- la naturale prosecuzione dell’alta moda veneziana. Per la p/e 22:
La moda è immaginata nello studio e realizzata nell’Atelier, ma è per strada che diventa viva e vera, incontrando l’imperfezione dell’esistere, giorno dopo giorno, unendosi all’identità unica di chi la indossa.
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