Fuck off, ageism.
di Michele Esposito
Viviamo in un’epoca di profonde riflessioni. Appartiene a tutti la sensazione che il mondo stia cambiando e che facciamo fatica a stare a passo con le tante sensibilità, la richiesta di rispetto ci viene gridata a gran voce ogni giorno e l’espressione “politically correct” è entrata a far parte ormai del nostro quotidiano.
Le forme di razzismo sono tante e sono spesso sottilissime. Una di queste è forse la meno riconosciuta, la più frequentata e quella che colpisce un numero enorme di persone: l’ageismo.
Per ageismo si intede quella forma di discriminazione che colpisce una persona anziana o che comunque non è più considerabile giovane. L’annichilimento, l’umiliazione e la derisione della persona agè.
Nemmeno a dirlo, chi subisce di più questa forma di razzismo sono le donne. La combo perfetta fra ageismo e patriarcato causa più umiliazioni di quanto se ne voglia riconoscere.
Se sei una nonna che accudisce i nipoti e sforna torte di mele che manco una pasticceria, diventi immediatamente rispettabile: sei un esempio, sei il perno della famiglia. Non solo della tua famiglia, ma di tutte le famiglie. Diventi la nonna di tutti e tutti provano affetto per te, rispetto per te e gratitutine per te. Poco importa se quella stessa nonnina è stata magari una carogna per tutta la vita e ha dato fuoco con il napal alla foresta amazzonica e si è cucita pellicce squoiando povere nuore indifese: dal momento che inizi a distribuire torte di mele, bella zitta e muta in cucina dalla mattina alla sera, verrai automaticamente santificata e accettata dal sistema.
Tutto cambia nel momento in cui a te di distribuire torte di mele non te ne frega una cippa lippa. Lì inizieranno i tuoi guai.
Nello showbiz una delle prime a denunciare il fenomeno dell’ageismo, e figuriamoci se poteva non essere cosi, è stata Madonna. Le viene chiesto di ritirarsi ormai da vent’anni, considerata anziana e inopportuna anche quando era ancora giovane.
Se sei nel fiore dei tuoi anni, bella e fresca come una rosa, e mostri le poppe va bene. Se sei una sessantenne, magari hai fatto degli interventi estetici e hai ancora voglia di mostrarti, in automatico diventi imbarazzante e ridicola. Come se la libertà di mostrarsi, di provocare, di ammiccare, di essere sensuale e sessuale fosse una prerogativa accettabile solo se sei giovane. Come se nel momento in cui iniziano a crescerti i primi capelli bianchi smetti di essere sexy e dovesse iniziare il tuo inesorabile destino a sbucciare mele per farne torte.
“Se ai commenti di una foto su Instagram leggiamo un’insulto contro un omosessuale ci scandalizziamo tutti. Nessuno accetta che si possa insultare un ragazzo che mette le smalto o il rosetto. Tutti ci sentiamo in dovere di difendere il ragazzo che viene insultato perchè omosessuale. Lo stesso vale se sei nero o asiatico. Un insulto razzista viene immediatamente condannato dalla società civile, addirittura sei perseguibile per legge se i tuoi insulti superano il limite. Nessuno accetterebbe mai un commento dispregiativo verso una persona disabile, possiamo indignarci tutti se non viene rispettata la fede religiosa di una persona. Ma sull’età ognuno è libero di insultare chi vuole. In quel caso non c’è limite all’nsulto. Chiunque può dire che sei ridicola o che fai schifo se a sessant’anni indossi una minigonna, tutti si sentono in diritto di disprezzarti o umiliarti se le tue scelte personali o professionali non corrispondono alla visione della “donna matura”. Io non sono matura. Io sono una donna. E continuo a fare ciò che voglio fare a prescindere dalla mia età e soprattutto a prescindere da quello che voi pensiate che io debba fare alla mia età.”
Se libertà deve essere, indossa la minigonna. Qualsiasi età tu abbia.