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“La buona sanità esiste e noi ne siamo testimoni diretti.” Spondilodiscite. La storia di Lena

Lettera di una famiglia che elogia il personale sanitario dell’ ASST Santi Paolo e Carlo di Milano per professionalità e umanizzazione delle cure

Milano – La spondilodiscite è un’infezione della colonna vertebrale interessante il disco e le vertebre adiacenti. È causata dai microrganismi della tubercolosi o da batteri comuni, miceti o parassiti e colpisce 1 persona su 250 mila, senza distinzione di età e sesso. Le spondilodisciti da diffusione ematogena sono  le  più  frequenti  in  tutte  le  fasce  d’età, rappresentando  il  60-80%  dei  casi;  sono  successive  ad  un  episodio  batteriemico  a artenza  da  un focolaio infettivo. (DATI UNIVERSITÀ DI PISA)

Può attaccare gli adulti dopo i 50 anni, ma anche i bambini, a causa della ricca vascolarizzazione del disco immaturo e di stati di immunodepressione. Attualmente le infezioni della colonna vertebrale sono relativamente rare e ammontano al 2-4% di tutte le osteomieliti (infezioni delle ossa). Solo a Milano all’Ospedale ASST SANTI PAOLO E CARLO, nel reparto di  Malattie Infettive, guidato dalla dottoressa Antonella D’Arminio Monforte, negli ultimi sei mesi sono stati curati 13 casi di cui 3 di natura tubercolare. Sconfiggerla non è facile, soprattutto in situazioni di immunoresistenza ai farmaci e ai batteri, ma si può. Come insegna la storia di Lena, 77 anni, da 40 a Milano, ma napoletana d’origine.

La vita di Lena non è stata facile. Ha perso un marito, due figlie, una ventenne, l’altra di pochi mesi. Poi è arrivata la malattia. Come un fulmine, le ha portato via la mobilità della schiena. Diagnosi: spondilodiscite. Una patologia infettiva, dal nome illeggibile, estremamente invalidante e dolorosa, spesso associata a febbre alta e infiammazione articolare. Il percorso di Lena per arrivare a una diagnosi e a una cura è stato lungo, ma la sua storia insegna che anche quando tutto sembra finito, bisogna continuare a sperare.

E’ il 9 giugno, Lena ha la febbre molto alta, fitte alla schiena molto forti, vuole andare al bagno, ma il dolore le impedisce persino di respirare. Lena è cardiopatica e pur vivendo con la nipote, in quel momento è in casa da sola. Cade dal letto. Il tonfo allarma la vicina che prontamente la soccorre.  La chiamata al 118 e poi subito al pronto soccorso dell’Ospedale San Carlo. Prima diagnosi: sospetta polmonite, ma una volta in reparto, i medici si accorgono subito che qualcosa non quadra. Il dolore alla fascia lombare è troppo forte e la febbre troppo alta, l’affanno è tanto da non poter parlare. L’infezione non è ai polmoni, ma da qualche altra parte. Dopo le indagini, arriva la diagnosi. Uno stafilococco ha colpito la spina dorsale. Ha viaggiato indisturbato attraverso il sangue e si è insinuato lì, intaccando le vertebre, il midollo, i nervi e i muscoli paravertebrali. Il quadro è gravissimo.

Il deterioramento delle vertebre e dei dischi intervertebrali coinvolti è esteso. L’infezione è arrivata a colpire il tessuto della cavità midollare, lo spazio in cui è contenuto il midollo osseo. Questa possibile complicanza della spondilodiscite può comportare deficit neurologici permanenti. E infatti, dopo quaranta giorni, arriva il responso: demenza vascolare in atto. Col tempo Lena non ricorderà più nulla. La malattia le porterà via tutto, ma la famiglia non si arrende e grazie al supporto di medici e ricercatori decide di andare avanti. Oggi, dopo quattro mesi di cure antibiotiche, Lena sta riacquistando la mobilità, cosa non scontata, e presto potrà tornare a casa. Oggi la famiglia di Lena vuole ringraziare pubblicamente tutto lo staff medico per la professionalità e l’umanizzazione delle cure.

Sembrerà banale ringraziare qualcuno per aver svolto il proprio lavoro, ma in realtà è doveroso. Sembrerà banale ringraziare il sistema sanitario per aver salvato la vita di mia sorella, quando dovrebbe essere la prassi, ma a Napoli, nella mia città d’origine, non lo è.

Si potrebbero citare tanti luoghi comuni per raccontare la vicenda che è accaduta a mia sorella quando un batterio si è impadronito del suo organismo colpendola in diverse parti della colonna vertebrale. Un calvario che dura da mesi tra sospiri di sollievo per il lento recupero che sta avvenendo piano piano. Un anno drammatico che ha visto coinvolti mia sorella, me, mia figlia (da sempre molto legata alla zia) e mio marito, profondamente addolorato nel vedere la propria cognata in quelle condizioni. Perchè la spondilodiscite ti priva di tutto. Ti priva della facoltà di camminare, di muovere le braccia, ti priva della facoltà di essere autonomo. E se intacca il midollo (com’è successo a mia sorella Lena) la spondilodiscite raggiunge la materia bianca e ti priva della facoltà di capire, di pensare, di ricordare. La spondilodiscite ti priva della libertà, ma non dell’amore. Devo ringraziare Dio che ci ha protetti fino ad oggi e che ci ha fatto conoscere una realtà ospedaliera completamente diversa da quella che ci si immagina. Voglio esprimere la mia sincera gratitudine a tutto lo staff medico dell’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, al direttore generale Matteo Stocco, in particolare un grazie di cuore a un infermiere eccezionale: Nicola Francesco Aprigliano, per l’umanizzazione delle cure e per essere stato accanto a mia sorella in un momento tanto difficile. Grazie a tutta la Regione Lombardia che dimostra disponibilità e attenzione costante verso tutti i cittadini che hanno la fortuna di vivere in una realtà che assiste in maniera esemplare e scrupolosa le persone che si trovano ad affrontare la malattia. Nella tragedia siamo stati fortunati grazie al sistema sanitario lombardo efficiente e pronto a rispondere alle esigenze dei suoi cittadini. Un enorme grazie da parte di tutti noi.

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