Lee Alexander McQueen era un uomo intelligente, forte e imprevedibile, ma era anche un personaggio controverso e dall’animo ribelle. Sappiamo tutti che lo stilista è venuto a mancare nel 2010, e ha lasciato le redini dell’impresa, e della sua eredità a Sarah Burton, designer che nel 1997 era l’assistente personale di McQueen. Di certo non è stata un’impresa semplice, quella lasciata alla Burton, la quale aveva/ha il compito di raccogliere un notevole lascito. Possiamo dire che la nuova direttrice creativa se la sia cavata egregiamente, addirittura senza dover ricorrere troppo volte all’effetto nostalgia. La sua tattica consiste nell’immaginare quello che McQueen avrebbe fatto oggi. Nonostante la voglia di modernizzazione, non possono mancare i riferimenti all’archivio, i quali vengono accettati sempre in maniera positiva.
LA COLLEZIONE AUTUNNO/INVERNO 2022
Un esempio di ciò che vi stiamo dicendo è la collezione autunno/inverno 2022… Vediamo insieme perché. La linea fu presentata fuori calendario a New York, laddove Alexander McQueen sfilò due volte, nel 1996 con il mitico défilé “Dante” e nel 1999 con il non meno importante “Eye”. Per questa stagione la Burton si è ispirata agli elementi della natura, tema presente sia nella location, definita “terrosa”, caratterizzata da mucchi di pacciame ricavati da alberi caduti, sia nella colonna sonora dei Cure, ricca di versi di uccelli e insetti. Sulla passerella sarà impossibile non notare due mise decisamente familiari: un abito in pizzo lacerato e un completo sartoriale bianco con spruzzi di vernice gialla e nera.
Il primo abito è una citazione ad “Highland Rose“, che possiamo definire una delle collezioni più controverse dello stilista britannico. La linea sfilò alla F/W ’95 e voleva raccontare un pezzo di storia, ovvero il cosiddetto “stupro socio-culturale della Scozia da parte dell’Inghilterra”, attraverso pose sconvolte, abiti stracciati e un’ipersessualizzazione dell’immagine femminile. Questo insieme di idee portò l’opinione pubblica a guardare la collezione con occhi incerti e contrari, poiché vedevano una misogina narrazione della violenza sessuale nei confronti delle donne.
Il secondo abito ci teletrasporta alla primavera/estate 1999. Il tipo di look rappresentato, ovvero con quell’effetto spray sulla giacca e sui pantaloni, ci riporta ad una collezione storica, la “No. 13“. All’epoca questa linea venne vista con uno sguardo futuristico e poetico, poiché terminò con una performance alquanto bizzarra: una coppia di robot dipinse, in maniera quasi aggressiva, il vestito bianco di Shalom Harlow, che nel mentre si esibiva in una particolare danza. Questo ci fa comprendere come un’anima brillante e previdente, come quella di Lee Alexander McQueen, continui ad essere tutt’oggi attuale.