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Davide Marciano: l’eleganza è nella gentilezza d’animo

Il prodotto è importantissimo in una azienda, e quel messaggio di identità che si percepisce da un tessuto, da un taglio, da un’asola, per condividere quel senso di appartenenza di quello stile classico, segno essenziale del vestire elegante.

Oggi più che mai, dopo il tempo sospeso, abbiamo bisogno di concretezza e di ritrovare la necessità di riscoprire il lusso guardando al passato, ma sempre in chiave moderna, per riscrivere il manuale della eleganza, fatta da capi che diventano must di un guardaroba, senza tempo.

Anche un marchio storico come Bagutta, creato nel 1975 come punta di diamante delle Confezioni Italiane Tessili (CIT), azienda nata nel 1939 in piena epoca fascista, poco prima della seconda guerra mondiale, passata nelle mani di Antonio Gavazzeni e il cugino Andrea, ha bisogno di un linguaggio di cambiamento, aperto alle nuove generazioni e ai nuovi mercati.

Un concetto più vicino all’accessibile, del quasi toccabile, ma lasciando però ancora quel taglio di irraggiungibilità del fatto a mano, che esalta e incrementa i like di ogni cliente, asserendo il cambiamento in atto.

Per questo abbiamo cercato di trasformare questo meccanismo in ricerca che ha portato attraverso un contest social ad individuare un giovane designer di soli 23 anni che ha rispettato le regole del gioco e l’immagine della azienda.

Scopriamo assieme a Voi,  chi è Davide Marciano, e il suo mondo fatto di arte e passione per la moda.

Dove è quando sei nato? Che cosa hai studiato prima di studiare moda? E perché la moda?

Sono nato il 9 aprile 1997 a Cava de’ Tirreni. Prima di studiare moda ho frequentato il liceo classico della mia città, questo mi ha aiutato molto a crescere come persona e ad avere una buona forma mentis. Perché moda? Bella domanda. Mi ha sempre affascinato vedere cosa indossassero le persone. Spesso dal modo in cui si indossa qualcosa si capisce il carattere di quella persona, i modi di fare. Fin da piccolo ho avuto una propensione per il creare, sporcarmi le mani, modellare. Prima di arrivare alla decisione di quale strada intraprendere ho esitato. Ho iniziato facendo la facoltà di architettura. Tuttavia, il concetto che avevo di architettura era diverso da quello che mi sono ritrovato ad affrontare. Nonostante ciò, nel mio bagaglio culturale porto sempre un po’ di architettura (Zaha Hadid e Mies van der Rohe tra tutti). Mi sono appassionato alla moda nel momento in cui ho visto una sfilata, o per meglio dire, uno show di Martin Margiela. Mi ha affascinato la sua artigianalità, il suo essere fuori dagli schemi, il non seguire la massa, ma soprattutto il suo non porsi come faccia del suo brand. Ha fatto parlare di sé anche non mostrandosi ma soltanto facendo parlare le sue creazioni.

Attiri l’attenzione di chi ti ascolta dicendo con forza quello che pensi. Ma dici anche che ci sono occasioni per dire quello che conviene. Come dividi, se lo fai, le occasioni per dire quello che pensi e quello che conviene? E che cosa dici nelle occasioni in cui conviene?

Non sono una persona a cui piace stare al centro dell’attenzione, mi piace essere riservato. Penso che questo sia un mio difetto, dico sempre ciò che penso. Difficilmente riesco a trattenere ciò che penso. Se una cosa mi piace e se la ritengo valida lo dico apertamente senza fare il falso buonista. Allo stesso modo, se una situazione mi sta stretta lo dico apertamente. Credo che abbiamo bisogno di sentirci dire le cose come stanno da un punto di vista obiettivo, senza preconcetti. L’essere umano è sentimento, istinto ed è dotato del libero arbitrio.

Sostieni di studiare molto, di applicarti continuamente a imparare. Non credi sia un caso tuo personale più che un’attitudine della tua generazione?

A mio avviso, lo studio e la ricerca sono alla base della crescita. C’è un tempo per imparare e un tempo per mettere in atto ciò che è stato acquisito. Vedo la mia generazione molto combattiva, e questo mi entusiasma. Mi piace il confronto, mi piace avere una sana competizione. Spero di riuscire a far parte di un gruppo di lavoro che stimoli il mio volermi migliorare.

Che cosa ti fa amare la moda e il tuo lavoro?

Fin da piccolo sono stato spronato a fare ciò che volevo, ad esprimermi in tutti i modi senza restrizioni. La moda è liberare il proprio io, il voler trasmettere ciò che si ha dentro, dare una parte di te ad un terzo individuo. Amo tutto ciò che sto facendo, mi piace vedere le persone gioire quando si trovano all’interno di una mia creazione, mi piace vedere le mie idee realizzate.

Il vestito svolge un ruolo importante, racconta l’idea del designer. A volte vende più la storia che c’è dietro un vestito, che il vestito stesso. Si deve creare un continuum tra fashion designer e cliente.

Qual è il ruolo della moda oggi, secondo i tuoi canoni?

La moda è una faccia della società. Viviamo in un momento in cui vengono fatte molte scoperte scientifiche e tecnologiche. La società è in continuo sviluppo, molto frenetica. L’eccesso di artificio legato alla digitalizzazione forse fa perdere il contatto con la realtà. L’obiettivo della moda, in questo momento di cambiamenti così rapidi, dovrebbe essere di riuscire ad uniformare l’essere umano affinché non ci siano differenze tra uomo e donna.

A proposito del tuo progetto per Bagutta, citi Haruki Murakami “Una camicia bianca, che qualcuno aveva dimenticato di ritirare, era appesa ai fili per la biancheria e fluttuava nel tramonto come una pelle abbandonata”. Stando così le cose le tue creazioni partono dalla lettura, dall’arte e da ricordi. Oggi la moda per te potrebbe avere successo, cambiando il mondo, più che abiti partendo dalle tue stessi basi?

Molto spesso per le mie creazioni mi faccio ispirare da citazioni, dai sogni e molto spesso da miti e leggende (in questo mi aiuta molto aver fatto il liceo classico). Credo che per creare abiti e per creare innovazione serva conoscere la storia, avere delle basi. Trovo affascinante studiare l’arte, scoprire delle storie dietro quelle pennellate. Nell’ambiente moda, come in molti altri, bisogna avere consapevolezza del proprio operato, andare veloci senza tralasciare nulla. Il processo creativo lo vedo come uno “stream of consciousness”, un iter formato da tutti i pensieri di un individuo.

Che cos’è LOKE per te?

Ho percepito il progetto LOKE come un’opportunità. Stanno svolgendo un ottimo lavoro dando opportunità a noi giovani designer di farci strada nel campo della moda. Appena ho visto il progetto del brand Bagutta, sono rimasto affascinato dal concetto di camicia bianca, non potevo non prendervi parte.

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