Intervista Carmine Uccello presidente associazione Carcere Vi.Vo

Carmine Ucello è il Presidente dell’associazione Carcere Vi.Vo. Da ben 22 anni opera nelle case circondariali di tutta la Campania, con l’obiettivo di donare un sorriso a chi è sofferente. L’ascolto e l’accoglienza, i suoi strumenti. Si batte per la pene alternative, perché: “Un cane che morde non può essere scacciato ma deve essere rieducato”. Il suo progetto a lungo termine: scrivere un libro per mettere nero su bianco tutto quello che le sue orecchie e i suoi occhi hanno sentito e visto.”Bisogna umanizzare il carcere”!
Come è nata l’associazione Carcere Vi.Vo?
“È nata sulle orme di San Vincenzo de Paoli che nel 600′ incominciò a seguire i galeotti francesi, di poi, suor Vittoria, una vincenziana, iniziò ad entrare nel carcere e dopo di lei la giovane suor Anna nell’87 e nell’89 alcuni laici, attualmente impegnati tra le case circondariali di Poggioreale, Secondigliano e Pozzuoli. L’associazione apporta anche un aiuto morale, legale e grazie ad alcuni benefattori e ai vari spettacoli teatrali organizzati, anche economico alle famiglie dei detenuti”.
Racconta un caso che ti ha deluso e uno che ha superato le tue aspettative.
“La storia di un detenuto che aveva 5 figli, con lo sfratto di casa esecutivo. La moglie mi contattava ogni giorno chiedendomi aiuto. Per lui mi sono speso tanto, aveva avuto l’affidamento al lavoro come gommista poi non mi ha cercato più. Era un caso pietoso, con un bimbo piccolo che giocava bene a pallone ma non parlava, abbiamo aiutato anche lui durante l’incontro con le famiglie, presso via Andrea d’Isernia, dove c’è il centro ascolto, dove facciamo riunioni, attività ricreative e tanto altro. Un caso positivo, invece, è quello di un detenuto greco, arrestato per droga; dopo ben sette anni è uscito, ora lavora e si è ben integrato. Bisogna sconfiggere i pregiudizi e il preconcetto”.
Quali sono le criticità del carcere di Poggioreale?
“La struttura è del secolo scorso, con la venuta del Papa nel 2015 si è fatta una pulizia generale ma le celle sono piccole e spesso gironzolano i ratti, la socialità diventa solo un momento di confusione. Il carcere dovrebbe essere più aperto ai volontari. Il padiglione Napoli è veramente complicato da gestire, ci sono detenuti che entrano ed escono dal carcere; il Torino per i reati commessi non ha troppi contatti con gli altri; il padiglione Roma ha un edificio a parte, ci sono i tossicodipendenti e gli accusati di violenza sessuale; il Salerno ospita i trans dove vado a fare la catechesi; il padiglione Milano, invece, ospita gli stranieri e i reati comuni”.
Che ne pensi della legge che vorrebbe dare più potere ai comandanti della polizia penitenziaria rispetto ai direttori?
“Il carcere deve essere rieducativo per cui se gli oneri rimangono in mano ai direttori c’è più possibilità di fare progetti e far entrare i volontari; il comandante ha un’impostazione mentale diversa, quella militare, quindi dovrebbe occuparsi di altro come ha sempre fatto, garantendo la sicurezza ma lasciando poteri decisionali all’area educativa- trattamentale e ai direttori”.
Emanuela Belcuore