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Parthenope Pizzeria Trad-Innovativa: quando la tradizione incontra l’innovazione

La favola di una pizzeria che nasce dal sogno. Due giovani cuori napoletani, Andrea Civetta e Gianmarco Esposito, un impasto leggero, farine selezionate e un servizio che va oltre la notte: il racconto di come è nato il progetto della “Parthenope Pizzeria Trad‑Innovativa”.

La ricerca degli ingredienti di qualità è il primo passo verso l’eccellenza. Farine selezionate, pomodori genuini e una lievitazione curata, danno vita a un impasto leggero, fragrante e ricco di gusto. Perché la semplicità, quando è autentica, diventa un concetto straordinario.

E poi c’è l’amore. Serena Forlani, General Manager di Parthenope ci racconta:
È nato perché ci siamo innamorati, in discesa, di questo sogno, con tutte le difficoltà del caso: ragazzi giovani, una voglia di emergere, un sogno ambizioso. E in mezzo, la scelta di ingredienti, il packaging che racconta le origini della città e di tutti noi, un ponte tra la cucina tradizionale e lo sguardo verso il futuro.”

1. Il progetto nasce da un “innamoramento reciproco” e da un sogno condiviso. Qual è stato il momento esatto in cui avete capito che questa idea sarebbe diventata realtà, non solo un desiderio?
È stato un processo naturale, quasi spontaneo. Non c’è stato un vero e proprio momento “ufficiale”, ma un accumularsi di sensazioni, di entusiasmo, di riconoscimento reciproco. Ci siamo innamorati del progetto l’uno attraverso l’altro: io, Gianmarco, Andrea… ognuno con il proprio vissuto, le proprie difficoltà e la propria visione. È quando ti rendi conto che un’idea non ti chiede permesso, ma ti chiama, ti trascina dentro una storia più grande, che capisci che non è più solo un pensiero: è già un cammino iniziato.

2. Nel racconto parli molto della componente umana: dell’essere giovani, del lavorare di notte mentre “gli altri si divertono”. Quanto incide la vita personale sulle scelte professionali che avete fatto?
Incide tantissimo, perché il nostro lavoro non è un lavoro “normale”. Lavoriamo quando gli altri festeggiano, viviamo ritmi invertiti, spesso siamo costretti a sacrificare i momenti più intimi. Questa scelta non è solo professionale, è emotiva, familiare, identitaria. Significa credere che costruire il proprio futuro valga anche la fatica, la mancanza di sonno, il disequilibrio iniziale. Non ci siamo tirati indietro perché il sogno era più forte della paura.

3. Parli di un legame profondissimo con Andrea, “tuo bambino da quando hai aperto gli occhi”. Quanto conta l’affetto nel fare impresa? È stato un motore, un rischio o una garanzia?
È stata una garanzia, ma anche una responsabilità. Con Andrea ho un legame che va oltre tutto: siamo cresciuti insieme, ho vissuto le sue prime volte, dal primo tatuaggio alle prime uscite, e lui ha sempre saputo che poteva contare su di me. Quando fai impresa con qualcuno che ami davvero, non stai solo costruendo un’azienda, stai proteggendo un pezzo di famiglia. Questo ti spinge ad essere onesto, a non tradire la fiducia, a cercare il meglio possibile. E sì, è anche un rischio, perché se fallisci non perdi solo un business, ma ferisci un rapporto. Ma noi abbiamo scelto di crederci.

4. La vostra pizzeria vive un equilibrio tra tradizione e visione futura: ingredienti, packaging, cucina tipica, ma con uno sguardo innovativo. Come definiresti il vostro modo di “mantenere la tradizione, ma guardare avanti”?
Per noi la tradizione non è un recinto, è un punto di partenza. Lavoriamo con ingredienti che rispettano l’origine – farine selezionate, pomodori genuini, lievitazione lenta – ma il modo in cui li presentiamo, li raccontiamo e li serviamo guarda al futuro. Anche il packaging è pensato per essere un pezzo di narrazione culturale, non solo un contenitore. Vogliamo far vivere ai clienti la Napoli vera, quella delle origini, ma con un’estetica contemporanea, un servizio curato, un’identità che parla ai giovani senza perdere autenticità. È un incrocio tra memoria e ambizione.

5. Hai accennato a una cucina tradizionale che curerai tu personalmente nel nuovo punto vendita. Quali sono i piatti “delle origini” che non possono mancare e come pensi di reinterpretarli senza snaturarli?
Partiremo dalle ricette che ci hanno cresciuti: la cucina delle nonne, quella fatta di gesti lenti, ingredienti poveri ma veri. Il segreto non sarà cambiare le ricette, ma il modo di raccontarle. Ci saranno piatti storici, ma alleggeriti, rispettati, valorizzati. L’obiettivo non è “modernizzare” a tutti i costi, ma proteggere la verità della cucina napoletana portandola nel presente, senza “museificarla”.
Credo che il futuro della tradizione sia farla vivere, non conservarla sotto vetro.

www.parthenopepizzeriatradinnovativa.it

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