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EditorialInterview

Dada’: Uno straordinario viaggio artistico

a cura di Francesca Scognamiglio Petino
Photo Carlo William Rossi – Fabio Mureddu
Styling Daria D’Ambrosio
Styling assistant Chiara Peluso
Mua Carlo William Rossi
Mua assistant Giuliana Giuliani
Hair Peppe Cerella
Set assistant Gianluca Nariello

L’energetica e coinvolgente Dada’, che il grande pubblico ha scoperto a X Factor, ha iniziato il suo percorso artistico da bambina.

Gaia Eleonora Cipollaro nasce a Napoli il 28 maggio 1995 e, sin da piccola, esprime un atteggiamento artistico: tamburella sui bicchieri di vetro, dipinge, batte sui propri dentini col dorso delle unghie, crea plastici della propria cameretta in miniatura, cerca di imitare il guaito del volpino bianco della zia Anna. I genitori soddisfano questa sua fame espressiva e per Gaia arriva il
contatto con gli strumenti veri. Prima la batteria, poi la chitarra classica, che sceglie come zattera formativa, a cui rimarrà dolcemente aggrappata lungo la crescita. Intraprende gli studi di musica classica, poi interrompe il ciclo accademico per seguire un nuovo istinto, quello di scrivere canzoni, e trova una nuova strada per la sua crescita: spia tra le abitudini musicali di altri artisti, studia
privatamente canto per tanti anni con insegnanti diverse e cerca di affinare le competenze armoniche e poi decidere che i migliori maestri sarebbero stati il mondo e il suo istinto. Cresce ascoltando di tutto. L’attenzione di Gaia rimbalza da Sharon Isbin ai Metallica, da Hector Zazou ai The Chic, da Roisin Murphy a Murolo, da Carosone a Bjork, da Petrucciani a Stevie Wonder, da Sade a John Butler, da Peppe Barra a Peter Gabriel, da Chaka Khan a Paolo Conte, dagli Alunni del sole ai Toto. Nessun precedente artistico in famiglia, solo precedenti di grande curiosità e libertà: scopre Clapton, The Doors e Pino Mango dagli ascolti del papà e poi continua con la sua inguaribile voglia di ricerca, che l’ha portata a conoscersi e a rispettarsi nelle sue scelte artistiche.

Come e quando hai iniziato a sperimentare il format che oggi ti rende una delle artiste più ricercate e cercate sui palchi?
Dopo tanti studi nella musica classica, dopo aver sperimentato un folk alla Vinicio Capossela in italiano, durante il lockdown mi sono sentita confusa, perché mi sono resa conto che non solo mi piacevano tante cose, ma anche che ero tante cose. Ho cercato di rendere giustizia e libertà a questa pluralità e ho fuso tutte queste parti, tutti questi gusti, tutti questi generi nel format che porto in giro.
E quando ti sei sentita pronta a proporlo alla gente?
Quasi subito dopo la creazione del mio format, ho contattato Big Fish. Lui ha apprezzato talmente tanto il mio mondo e modo di fare musica che da quel momento non ci siamo più “lasciati”. Mi ha tenuto per mano, insieme a Massimiliano Vecchi e ai Retrohandz poi, portandomi nel pieno di tutto quello che sta
accadendo oggi.


Che tipo di esperienza è stata X-Factor per te?
Un’ Epifania personale e artistica. Più di tutto ha rappresentato una sorta di rivelazione di me stessa a me stessa. È stata una grande vetrina con cui poter scivolare velocemente vicino al pubblico per poi fare il mio gioco, che non è quello di una competizione a scatola chiusa, ma è un dialogo più largo in senso
artistico. 
Nei tuoi mash up c’è tanta Napoli, città che è sound per definizione. Quanto trai ispirazione da quello che si respira in giro?
Napoli è una città che si racconta da sola e io sono un po’ come lei: basta mettersi in sincero ascolto per
scovarne la poesia, che per me combacia con la vita vera. Ho sempre avuto bisogno di raccontare, sin da bambina. Ci sono tanti tipi di racconti, dalla bugia alla favola. In ognuna di queste tipologie io ci ho sempre messo minuzia e, man mano che crescevo, ho alimentato questo istinto della narrazione e soprattutto di guardare le cose “a capa sotto”, capovolgendole e trovando una mia chiave narrativa o semplicemente un aspetto che per me potesse valere la pena raccontare prima a me stessa e poi agli altri. E, oltre i miei brani d’autore di cui sono spesso autrice, compositrice e di cui spesso ne offro una veste di produzione insieme ai Retrohands, la forma del mashup è quella che mi permette di creare connessioni improbabili, di includere tutte le spezie che voglio, far abbracciare sole e luna, di divertirmi in un girotondo di coincidenze sonore che inevitabilmente fanno sorridere il pubblico e questo giochino mi dà soddisfazione, perché posso far intravedere il mio estro o, quantomeno, la mia ironia in una frazione di secondo.
Come nascono i tuoi lavori?
Parto dalle sensazioni fisiche, parto dalla mia malinconia o dall’energia che scovo nel mio stesso petto, battendoci su con le mani e inventando una melodia, alla Bobby McFerrin. Parto dai rumori, dai suoni, dagli incastri. Anche la freccia di un’automobile per me è sempre stata un suggerimento di una
possibile canzone. Da piccola ne battevo il controtempo e mi infilavo nello schema ritmico del
vagone del treno per cercare la mia musica. Finché una cosa è veramente tua, funziona: ho imparato questo negli ultimi anni.
I tuoi set hanno un tocco internazionale. C’è l’estero nei tuoi progetti futuri? E c’è un luogo in cui vorresti esibirti?
Ho sempre messo le mani ovunque pur di sporcarmi l’anima. Di sporcarmi con le persone, con i colori, con le idee, con gli errori, con i profumi. Come feticista della parola (e quindi della sua costruzione ortografica e della sua resa fonetica) e come amante della contaminazione sonora, non posso che sognare di fiorire ancora come persona e come musicista sotto un cappello esistenziale e artistico che riguardi il mondo. La libertà e la condivisione per me sono il passo più lungo e giusto che un individuo possa compiere per accorciare le distanze, per gustare la diversità del creato, per esprimersi pienamente, senza zittire nemmeno una parte. Parto dalla mia casa e dalle mie radici e mi affaccio sul balcone del mondo. Ho un debole per il Mediterraneo: quando vedo un ulivo mi sembra di riuscire a respirare meglio e sentirmi più coccolata; ma sono cresciuta anche tra le sonorità e l’estetica nordeuropea con Bjork, Becca Steven, Joni Mitchell, Ane Brun e di questo cerco e sento forte l’esigenza di doverne fare una sintesi. Infatti, se ci pensate, sono una napoletana verace, ma ho la pelle bianco gesso e i capelli biondi. Dove mi piacerebbe esibirmi non voglio dirlo, perché magari si avvera e lo scoprirete lì.
Il consiglio di Dadà ai giovani che vogliono fare musica…
Cercatevi. Di continuo. Cercatevi in mezzo agli spasmi della vostra libertà, scoprite veramente chi siete, qual è la vostra Voce e per quanto doloroso potrà essere, avrete sempre la pace a imbottirvi il cuscino la sera, perché siete voi, unici e irripetibili. Fate tutto, ma assicuratevi di spiegare il cuore ai quattro venti per capire bene dove vi conduce, soprattutto oggi dove il mare è diventato più ingannevole e ci sono tante “oasi miraggio identitarie”. Statevi accorti e facite ’e bbravi.

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