Biden: ecco perchè il mondo può cambiare
Di fronte ad un Campidoglio minacciato solo pochi giorni fa dall’insurrezione suprematista, Joe Biden ha rivolto il suo primo discorso alla nazione da Presidente ricordando le sfide urgenti e drammatica che l’America ha di fronte a sè. Poi ha firmato 15 ordini esecutivi per dare corpo e sostanza a quanto dichiarato, cancellando alcune delle più pesanti storture della stagione trumpiana: rientro degli Usa negli Accordi di Parigi sul clima e svolta verde con la fine delle esplorazioni di gas nell’Artico; rientro nell’Organizzazione Mondiale della Sanità e fine del negazionismo sul Covid con obbligo dell’uso della mascherina in tutte le strutture pubbliche; fine del divieto di ingresso nel paese da diversi paesi islamici; stop alla costruzione del muro con il Messico; un pacchetto di misure per tutelare i diritti dei migranti; moratoria sui pagamenti dei debiti studenteschi e sugli sfratti.
Poi l’America e il resto del mondo: “we will repair our alliances and engage with the world once again”… in altre parole: l’America è nuovamente pronta a ricucire e rafforzare le proprie alleanze storiche e ad essere nuovamente una forza trainante. Quindi “America is back”: gli Stati Uniti sono tornati, con la loro forza e la loro credibilità per essere ancora leader delle nuove sfide globali.
Buone notizie dunque per l’Europa e per il rilancio dell’alleanza fra le due sponde dell’Oceano Atlantico a partire da una conferma della centralità della Nato ed anche un segnale forte a chi la democrazia la calpesta: da Mosca a Hong Kong, da Minsk a Pechino. Promozione della democrazie e tutela dei diritti umani minacciati saranno nuovamente una priorità dell’amministrazione statunitense e il progetto del Presidente Biden di convocare entro il primo anno del suo mandato un “Summit delle Democrazie” definirà le priorità di un ampio sistema di alleanze fra paesi democratici per contenere le autocrazie che minacciano stabilità e sicurezza. globale.
All’interno di questa cornice muteranno in modo significativo i rapporti fra Usa e Russia. Dopo solo due ore dall’arresto del leader dell’opposizione Alexey Navalny al suo rientro a Mosca, Jake Sullivan, il nuovo National Security Advisor statunitense, ha condannato con forza l’arresto arbitrario di Navalny chiedendone “l’immediato rilascio, sottolineando “l’inaccettabile violazione dei diritti umani” e rinnovando la richiesta che i “responsabili del tentato omicidio al leader dell’opposizione venissero individuati e processati”. Pochi giorni fa, il 18 gennaio, il nuovo segretario di Stato Anthony Blinken in occasione dell’audizione alla Commissione Affari Esteri del Senato ha confermato la nuova linea dell’Amministrazione :“è straordinario quanto Vladimir Putin sembri spaventato da un solo uomo, Alexey Navalny, una voce che deve poter essere udita liberamente da milioni di russi”.
L’attenzione sul caso Navalny è dunque un primo chiaro indicatore di come il tema dei diritti sarà in cima all’agenda della prossima amministrazione e della rinnovata attenzione sulla Russia dell’amministrazione Biden.
E il caso Navalny non investe soltanto la sfera dei diritti umani, ma anche quella della sicurezza nazionale: il gas utilizzato per tentare di uccidere i leader dell’opposizione russa è il “novichok”, un agente nervino pronto nei laboratori militari fin dai tempi dell’Unione Sovietica ed oggi proibito dalla Convenzione Internazionale sulle Armi Chimiche, di cui anche la Russia è firmataria.
Molti degli uomini da poco nominati in posizione strategica da Biden hanno, poi, grande esperienza sui dossier russi: si tratta del nuovo Direttore della CIA, Williams Burns, già Ambasciatore a Mosca, ma soprattutto di Victoria Nuland, da oggi sottosegretario al Dipartimento di Stato per gli Affari Politici, che coordinò le politiche dell’Amministrazione Obama durante la rivolta di “EuroMaidan” a Kiev, suscitando le ire del Cremlino. Accanto alla promozione di una politica estera molto più assertiva sulla tutela dei diritti umani minacciati fra Mosca e Vladivostok, l’amministrazione Biden si focalizzerà su almeno altri quattro dossier che vedono la Russia come protagonista: la difesa e la lotta ai “cyber attack”, il dialogo sugli armamenti convenzionali e non; l’Ucraina e la Bielorussia.
L’attacco hacker di dicembre a molti siti governativi statunitensi, sarà oggetto di una revisione attenta e di un’indagine a tutto campo per individuare i responsabili ed aumentare la sicurezza da futuri attacchi cyber. Molti indizi portano a Mosca e le dimensioni dell’attacco e la complessità delle modalità operative rendono quasi certo che il coordinamento delle operazioni provenga da una struttura statuale e militare. Joe Biden ha poi tutto l’interesse a segnare una svolta rispetto alle troppe “opacità” dell’amministrazione Trump nei confronti della Russia, confermate anche negli ultimi giorni del suo mandato, quando derubricò gli attacchi “cyber”come una “fantasia dei media” o come una “responsabilità della Cina”.
Un altro banco di prova sarà la possibile estensione del Trattato START, il principale strumento di controllo degli armamenti fra Usa e Russia, che scade agli inizi del prossimo febbraio e che l’amministrazione Biden vorrebbe prorogare per almeno altri 5 anni. “La Russia è a favore del mantenimento del trattato New Start e dell’estensione di questo trattato per guadagnare tempo per ulteriori colloqui” è il commento del Cremlino.
Poi sarà la vostra dei dossier sulla Bielorussia e sull’Ucraina. Joe Biden accoglierà alla Casa Bianca Svetlana Tsikhanouskaya, candidata vincente delle elezioni in Bielorussia e costretta alla fuga ed all’esilio dal golpe del satrapo Lukashenko con la complicità di Mosca. L’amministrazione Usa sosterrà apertamente la leader dell’opposizione democratica ed è orientata anche a implementare sanzioni più dure nei confronti del regime, inclusa l’applicazione del “Magnitsly Act” su molti dirigenti politici e militari. Le migliaia di cittadini bielorussi, nonostante la durissima repressione, continuano ogni domenica a sfidare il regime, troveranno nella nuova amministrazione un interlocutore importante e solido.
Infine, sull’Ucraina, dobbiamo attenderci dalla nuova amministrazione Biden una politica estera molto più assertiva, con un “upgrade” delle relazioni politiche e militari, insieme ad una forte offensiva diplomatica per mettere fine al conflitto del Dombass che si protrae oramai da 8 anni, con le milizie armate sostenute da Mosca che occupano la parte Est del paese. Il nuovo Segretario di Stato Anthony Blinken, che nel 2014 coordinò come n.2 del Dipartimento di Stato le sanzioni contro la Russia dopo l’invasione della Crimea, farà dell’integrazione euro-atlantica dell’Ucraina una delle priorità della nuova amministrazione.
Fonte: huffingtonpost.it