Adieu Azzadine Alaïa
Il mondo della moda difficilmente potrà riprendersi dalla scomparsa di uno tra i più grandi maestri, nonché ultima leggenda della Couture francese Azzedine Alaïa, scomparso prematuramente lo scorso mese all’età di 77 anni.
Il suo mito intramontabile, che miscela caparbietà, ambizione e curiosità in dosi massicce, oggi sembra risuonare come una parabola illuminante e fonte d’ispirazione per chi, la moda, la vive come una favola ad occhi aperti!
Lo stilista nacque a Tunisi nel 1940. Imprescindibile e fondamentale per la sua carriera è la sorella gemella, fu lei ad avvicinarlo al fashion design, somministrandogli mensilmente Vogue, dove apprese e si innamorò delle silhouette sognanti di Dior e dei volumi nitidi di Balenciaga.
Un amore per la moda che si manifesta già in tenera età e che lo accompagna nella crescita: dapprima studia all’Accademia di Belle Arti a Tunisi, sostenuto dalla sua mentore Madame Pineau all’insaputa del padre, mentendo persino sull’età pur di essere un genio precoce. Studiò scultura e la traslò prepotentemente nella moda.
L’ingresso nel Fashion System si manifesta per lui attraverso un ” viaggio dell’eroe” in piena regola:si trasferisce a Parigi e inizia a lavorare da Christian Dior, da Guy Laroche e successivamente da Thierry Mugler. Quando i tempi sono maturi si mette in proprio e apre il suo atelier in Rue de Bellechasse, sulla Rive Gauche della Senna.
Chi lo conosceva lo ricorda come un Golem in miniatura: basso di statura ma con idee immaginifiche oltre misura, sarto massimo capace di scolpire sul corpo delle donne forme, drappeggi e curve da grande scultore qual’era. Non a caso il suo epiteto era il Gian Lorenzo Bernini della moda: proprio a Roma il suo mito viene santificato ed osannato nel 2015, con una mostra a lui dedicata dal magniloquente titolo “ Couture-sculpture. Azzedine Alaïa in the history of fashion”, un dialogo immaginario tra le eccelse opere di Alaïa e le creazioni baroccheggianti del Bernini.
Lo stiista Alaïa era particolarmente amato dai personaggi dello showbiz e dalle top model che lo ricordano come un uomo riservato ma fortemente dominato dagli istinti creativi, folle come i migliori artisti ma disciplinato sul lavoro. L’essenza della sua moda si basava su di un semplice concetto: il corpo della donna al centro e il tessuto a gravitarle intorno. Detestava disegnare, ma preferiva scolpire direttamente sul corpo la sua opera, ciò che realmente gli interessava era capire cosa si celasse sotto gli abiti :
«Da piccolo, sono cresciuto studiando le creazioni di Balenciaga sulle riviste di moda. Negli atelier, finalmente, avevo la possibilità di capire come fossero possibili. Ero l’incubo di tutti: passavo il tempo a guardare dentro ogni bustier, dentro tutti i cappotti, sotto ogni tubino».
Ma ciò che più di tutto interessava ad Azzadine Alaïa era catturare lo charme, l’attitudine e il gusto delle sue donne e imprigionarli nelle creazioni, come un sorta di seconda anima esposta e da indossare.
Tra le sue muse si annovera la splendida Greta Garbo per cui confezionò un paio di pantaloni, un pull di jersey e un cappotto di taglio maschile, capi che diventeranno iconici per lui e per chiunque ammiri il suo stile così femminile e peculiare. Ed ancora vestì la diva ambigua Grace Jones e la stratosferica Tina Turner e fu sempre lui, nel 1986, a scoprire e lanciare una giovanissima Naomi Campbell, divenendo il pigmalione della Venere Nera del Fashion System, vestendola di un abito ispirato ad una mummia egizia. Sarà sempre lei, Naomi, a ricalcare la sua passerella per il grande ritorno di Alaïa all’Alta Moda, lo scorso luglio. Un tributo che già da allora occultava lacrime amare: una scomparsa dal fashion system che può considerarsi come l’ultimo atto di un maestro che non ha eguali né eredi nella moda contemporanea.